Vita fra le montagne: le etnie tribali
Per raggiungere le due principali città del nord della Thailandia, Chiang Mai e Chiang Rai, si può scegliere tra un’ora di aereo o 10 ore in auto. Le due città hanno in comune tanta storia e certamente le tradizioni. Differiscono, in realtà sia per le dimensioni sia per il tipo di vita che vi si trova.
Chiang Mai, fondata nel 1296, significa “città nuova”. Fondata dal Re Mengrai, è circondata da possenti mura che ancora racchiudono la parte più antica dell’insediamento, erette per difenderla dalle frequenti incursioni birmane. La città, nel corso dei secoli si è allargata parecchio e oggi conta circa 2 milioni di abitanti. La zona è particolarmente densa di templi e vestigia religiose. Da non perdere il Wat Doi Suthep, in assoluto uno dei templi più belli di tutto il paese.
Chiang Rai, a 145 chilometri da Chiang Mai, ha dimensioni più contenute, ed è altrettanto allettante da visitare per le numerose vestigia e templi imponenti che vi si trovano. Merita una visita particolare il Wat Rong Khun, conosciuto come il tempio bianco.
Costruito solo una decina di anni fa da Ajarn Chalermchai, uno dei maggiori artisti thailandesi viventi, è completamente bianco e celebra l’arte buddista moderna. A poca distanza dalla città si trovano i confini con Laos e Burma. Siamo nel cosiddetto “Triangolo d’Oro” che più di un film ha ispirato proprio per gli intrighi che si sono consumati a ridosso del traffico di oppio.
Una gita in barca sul Mekong, fiume che riporta alla memoria fatti bellici anche di solo pochi decenni fa, consente di ammirare le coste fluviali delle tre nazioni permettendo fugaci soste in Laos dove sorgono, proprio sulle rive del fiume, villaggi frontalieri.
Può essere questo un viaggio molto intenso ed impegnativo a livello psico-fisico ma che al tempo stesso è in grado di regalare tanta nuova energia, una cultura affascinante e molti spunti su cui riflettere. In fondo viaggiare serve proprio a questo… no? Molti visitatori, quando si trovano a raccontare del Nord della Thailandia, tendono a sottolineare quella che rimane l’esperienza più intensa di tutta la vacanza.
Se il sud del Paese è rinomato per la bellezza di spiagge ed isole, il nord è carico di fascino, cultura e stupefacente natura verde. Chi si reca qui è sicuramente in cerca di un’esperienza “reale”: vedere la giungla dal suo interno, in esplorazione tra i villaggi delle popolazioni che abitano quelle zone e avere l’occasione di conoscerle più da vicino per scoprire almeno un po’ delle loro tradizioni.
Un esempio potrebbe essere proprio il trekking, soprattutto nella zona di Chiang Mai. Si inizia a camminare tra risaie di montagna e campi coltivati a mais, cavoli, zucche, thè e caffè. Si tratta di zone agricole gestite dagli abitanti della zona che non sempre risiedono nelle vicinanze e che ogni giorno camminano per diversi chilometri per raggiungere il loro pezzo di terra.
Finalmente si entra nella giungla e si viene circondati da uno spettacolo bellissimo, banani e jack fruit, liane, alberi e piante di ogni genere dalle forme più strane e tantissime farfalle multicolori. Si cammina per diverse ore, fa molto caldo e soprattutto c’è molta umidità ma si rimane affascinati dal contesto e sembra quasi di non sentire la fatica.
Il pranzo? E’ bello mangiare quello che i locali mangiano quando lavorano nei campi: all’interno di foglie di banano minuziosamente ripiegate e legate con dei nastrini si trova riso, tofu e del pollo. Se proprio non si vogliono usare le mani, le bacchette possono facilmente essere approntate con il bamboo. Per la frutta c’è solo l’imbarazzo della scelta, si coglie direttamente dagli alberi: mangostani, manghi, rambutan sono tra i frutti più gustosi e ricchi di sali minerali del pianeta.
Si cammina ancora per un paio d’ore nella jungla fino a raggiungere uno dei villaggi Karen o Akha presenti in zona e dove si trascorre la notte. Le storie di queste popolazioni sono quasi sempre poco felici. I Karen, ad esempio, sono una popolazione dalla storia molto travagliata, Ci sono gruppi che provengono dalla Birmania o dallo Yunnan cinese e che sono fuggiti dalle loro terre a causa della repressione effettuata nei loro confronti dai rispettivi governi.
Si tratta di un popolo che, secondo le ultime stime, sembra contare oltre 4 milioni di persone, quasi tutte residenti in Birmania e solo poche centinaia di migliaia in Thailandia. L’esperienza del villaggio è per noi occidentali qualcosa di surreale ma estremamente affascinante. Abitazioni ricavate dal bamboo, dotate di palafitte ma senza l’acqua che scorre sotto.
Bufali, polli, anatre e maiali scorrazzano in ogni dove e tanti, tantissimi bambini sorridenti e festosi che giocano. Una delle cose che maggiormente colpiscono in Thailandia, conosciuta e sponsorizzata non a caso come la terra del sorriso, sono proprio i bambini. E’ veramente raro vederne qualcuno piangere: soprattutto a queste latitudini non hanno molte cose, non sono viziati ma sembrano essere molto più “ricchi”, felici e tranquilli dei bimbi delle nostre parti.
Forse anche perché credono nella foresta e negli animali. E come potremmo biasimarli… sono circondati da qualcosa di incredibile: chi crede, non può non sentire la presenza di Dio in tutto quel verde, nei bambini sorridenti e in tanta semplicità di vita. La rinomata accoglienza thailandese fa il resto, con il grande cuore e il sorriso della gente del posto pronta ad ospitare sempre con affetto e disponibilità.
Le case sono essenziali e generalmente composte da 3 ambienti: uno comune dove ci si riunisce, uno per dormire (la famiglia dorme tutta insieme) e uno per cucinare. Come in tutta la Thailandia, si entra in casa solo a piedi scalzi. Si dorme, però, in terra solo con l’ausilio di una stuoia, un cuscino e una coperta. Così fanno loro, così è bello fare quando si è qui in visita. Il bagno è ricavato fuori, in una baracchetta.
C’è sempre un secchio pieno d’acqua ed un pentolino per versarla dopo aver espletato le proprie funzioni fisiologiche; le condizioni igieniche non potranno certo essere eccezionali e, comunque, c’è sempre la jungla a soccorrervi! Normalmente un pannello fotovoltaico permette di avere un pochino di luce la sera, ma solo nella stanza comune. Normalmente si va a dormire quando fa buio e ci si sveglia all’alba per andare nei campi. Per pulire l’abitazione solo una scopa fatta di rami, niente armadi, qualche stampella con i vestiti appesa qua e là.
La sera si trascorre il tempo creando ghirlande di fiori intrecciati da recare in dono ai visitatori oppure ci si riunisce in una delle case più grandi, ospiti dello sciamano. Ogni villaggio ne ha uno che è il custode di arti e tradizioni che si tramandano di padre in figlio; chicchi di arabica e the verde sono coltivati nella zona e si sorseggiano la sera insieme intorno al focolare.
La notte trascorre tranquillamente: si dorme stesi sul bamboo ricoperti da un’enorme zanzariera, nel silenzio del villaggio e al contempo circondati dai rumori dalla giungla. Alla mattina si è subito pronti per la routine degli abitanti: prima un salto al tempio del villaggio, con il monaco sorridente pronto a ricevere le offerte di cibo e fiori sia dei locali che dei turisti, a cui impartisce una benedizione quasi con un senso di indulgenza e divertimento dipinto sul viso.
Poi arriva il momento della colazione in stile thai, un brodino di riso e verdure ma c’è anche frutta fresca e del caffè, anche questo versato in tazze di bamboo. Si riparte avventurandosi nuovamente nella foresta. Il nord è una riserva inesauribile di acqua, capita di guadare diversi fiumi nell’arco della stessa passeggiata e si incontrano spettacolari grotte che presentano il tradizionale corollario di stalattiti e stalagmiti. Spesso piccole cascate e limpidi specchi d’acqua sembrano essere stati creati apposta per permettere un bagno rigenerante agli affaticati avventori.
Il grande nord thailandese vale certamente un viaggio, magari più breve o abbinato a qualche altra meta in Indocina. E’ la zona ideale per conoscere un’Asia più vera e per praticare un turismo più consapevole. Non siamo in un posto escluso dalle rotte del turismo, i turisti visitano frequentemente questi luoghi, ma l’approccio a queste zone è totalmente diverso rispetto a quello del sud.
Passione per i paesaggi lussureggianti e per la natura, ricchezza spirituale, tranquillità sono gli stimoli che devono far parte del bagaglio di chi decide di venire. Qui non cercate ristoranti e discoteche, non le troverete; non cercate la nightlife, semplicemente non c’è. Tornerete però a casa pervasi da un particolare senso di arricchimento e con gli occhi pieni di fantastici luoghi che vi resteranno nel cuore.
TRIBE PEOPLE: UN MIX DI POPOLI, CULTURE E TRADIZIONE
Le montagne Thailandesi sono oggi abitate da etnie tribali di varia provenienza e discese nel corso dei secoli verso la penisola indocinese. Tra loro gli Yao, gli Akha, i Hmong ed i Lahu, laboriosi popoli provenienti dalle montagne che spaziano tra lo Yunnan ed il Tibet e dotati di grande iniziativa e spirito ingegnoso.
I Lisu ed i Palaung denotano invece una spiritualità ed una calma interiore che fanno trasparire le loro diverse origini Tibeto-Birmane. Ci sono infine i Karen, originari dell’omonimo stato che fa parte della confederazione Birmana e che in anni più recenti hanno abbandonato il loro paese in contrasto con il governo locale.
Sono noti per essere grandi ammaestratori di elefanti nonché uno tra i popoli più ospitali ed amichevoli: alla loro etnia appartengono anche le Donne Giraffa, che per tradizione ogni anno mettono un cerchio di ottone intorno al collo.
Ma le etnie tribali che abitano le montagne thailandesi sono in parte composte anche da gruppi con maggiori affinità etniche e linguistiche con i Siamesi, come i Thai Yai e i Thai Leu.
La riconversione economica delle popolazioni tribali e la loro acquisita stanzialità hanno in questi ultimi decenni influito in modo importante sui loro usi e costumi.
Le case precedentemente costruite in paglia e temporaneamente utilizzate fino alla successiva migrazione possono ora essere costruite in modo permanente in cemento mentre l’acquisita cittadinanza thai e l’entrata nell’economia monetaria del paese che li ospita ha fatto sì che oggi sia per loro molto meno dispendioso procurarsi vestiario nei mercati locali piuttosto che intensificare la produzione dei propri stupendi costumi tradizionali che richiedono però molto tempo per la tessitura
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